LA DISCIPLINA DELLA TUTELA SANITARIA DELLE ATTIVITA’ SPORTIVE E DELLA LOTTA CONTRO IL DOPING NELLA L. n°376/2000.
di Pietro Alessio Palumbo
Nel 1988, sul podio delle Olimpiadi di Seul, Luigi D’Oriano, il grande atleta di TAE-KWON-DO (nota arte marziale coreana), fissando la telecamera di chissà quale Paese urlò: “L’atleta è il prigioniero di se stesso”.
Questa famosa frase sarebbe senza dubbio piaciuta a Pierre de Coubertin, il fondatore delle Olimpiadi moderne, per il quale l’esenziale, ad una gara sportiva, non è vincere, bensì battersi lealmente rispettando le regole dello sport e l’onore della propria squadra (cfr. la “Formula” ed il “Giuramento” di de Coubertin). Ciò nonostante, l’ansia di vittoria degli atleti, ma spesso anche quella di coloro che in un modo o nell’altro gravitano intorno ad essi, ha stravolto i nobili principi dello sport: il motto è spesso vincere ad ogni costo. Per questa via, si è diffuso l’uso di sostanze “dopanti” che spingono la reattività muscolare degli atleti oltre i limiti di salvaguardia determinati dal cervello. Onde non incorrere in strappi muscolari e traumi spesso irreversibili, l’ipotalamo, la parte primordiale del nostro encefalo, impone barriere invalicabili alle nostre prestazioni muscolari.
Grandi atleti, pertanto, sono coloro che lentamente, con costante allenamento e spirito di sacrificio, spostano tali limiti un po’ più innanzi. I “talentuosi”, invece, sono coloro che si giovano di doti naturali straordinarie: i c.d. geni dell’intelligenza spazio-motoria. Di rado, questi ultimi, si vedono “superare” dai migliori atleti. Ergo, il ricorso al doping diventa molto probabile da parte di questi ultimi e spesso anche da parte del c.d. genio dello sport, forse perché “prigioniero” non tanto di se stesso quanto di dirigenti e multinazionali che investono fama e capitali sulle sue membra e che male accetterebbero il pur fisiologico decremento delle sue prestazioni agonistiche. Il doping non è tuttavia prerogativa dell’uomo contemporaneo ed è noto l’uso di droghe da parte dei cacciatori preistorici. A differenza di questi, che ne facevano uso esclusivamente per vincere paura e fatica (quindi per cacciare e “campare”) e con buona pace di coloro che vorrebbero un ritorno alla semplicità dell’uomo-scimmia, l’uomo contemporaneo regolamenta la convivenza con leggi, con precetti e correlate sanzioni. Il 2 gennaio 2001 è entrata in vigore nel nostro Paese la L. n°376/2000.
La Legge in analisi è venuta in essere sull’onda lunga della Convenzione contro il doping firmata già nel 1989 a Strasburgo e ratificata nel Bel Paese con Legge solo nel 1995. La “nostra” è per certo più rigida e severa di quest’ultima: il doping diventa reato penale e la “corsa” degli atleti che ne fanno uso (e dei loro dirigenti sportivi) rischia sovente di concludersi dietro le sbarre carcerarie.
Ai sensi della L. n°376/2000, costituisce doping, la somministrazione o l’assunzione di sostanze ovvero l’adozione di prassi mediche idonee ad alterare (in meglio) le prestazioni agonistiche degli atleti e/o a falsare i controlli relativi all’uso delle medesime sostanze. Solo in caso di particolari condizioni patologiche, documentate, l’atleta può fare uso di sostanze e pratiche mediche catalogate fra quelle dopanti, purchè siano rispettate modalità e dosaggi d’impiego. In questi casi l’atleta può prender parte anche a competizioni sportive. Corollario di tutto ciò è la stessa definizione di attività sportiva, che si fa artefice del miglioramento della salute e della qualità della vita del singolo, della collettività tutta e non meno promotrice dei sani principi etici dell’ordinamento sportivo.
La descritta nozione accoglie, in tal guisa, l’invito di quei sociologi ed antropologi, attenti, che colgono nel fenomeno del tifo sportivo una sorta di idolatria e negli atleti, “totem” da adorare e da prendere a modello nello sport stesso, quanto (e spesso peggio!) nel comportamento.
Nel concreto, un prossimo Decreto del Ministero della Sanità, avrà il compito ripartire per classi, le sostanze ed i farmaci considerati dopanti. Esso sarà emanato d’intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali, nel rispetto della Convenzione di Strasburgo citata, sulla base delle indicazioni del CIO (Comitato Internazionale Olimpico) e su proposta della istituenda Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive. Modifiche e variazioni delle classi avranno cadenza semestrale. La Commissione citata, sarà composta da 20 persone, nominate con Decreto del Ministero della Sanità di concerto con quello per i beni e le attività culturali e svolgerà le proprie mansioni presso il Ministero della Sanità. Queste ultime consisteranno essenzialmente nella determinazione di criteri e metodi d’espletamento dei controlli anti-doping e nella predisposizione della revisione delle classi delle sostanze dopanti. La Commissione, inoltre, curerà, presso scuole statali e non, le campagne d’informazione per la tutela della salute nelle attività sportive e di prevenzione del doping. Tali attività saranno svolte anche in collaborazione con il CONI, con federazioni sportive, con enti di promozione sportiva (pubblici e privati) e non meno con pubbliche amministrazioni, con società sportive affiliate e con medici specializzati in medicina dello sport. Per altro verso, la Commissione potrà avvalersi di strutture del S.S.N. e dell’apporto operativo dell’U.E. e di altri organismi sovranazionali. Si segnala che gran parte dei descritti compiti, in precedenza erano affidati al Comitato Olimpico Nazionale. Della Commissione faranno parte, tra gli altri, anche un rappresentante degli atleti, uno dei preparatori atletici ed uno persino degli allenatori (nominati su indicazione del Ministero per i beni e le attività culturali). I componenti della Commissione dureranno in carica non più di 4 anni (non rinnovabili). Un Decreto del Ministero della Sanità, rectius un Regolamento, emanato d’intesa con il Dicastero per i beni e le attività culturali (previo parere delle competenti Commissioni parlamentari), determinerà le modalità tecniche, amministrativo-contabili, di funzionamento della Commissione medesima.
Tale Regolamento, entro il limite massimo di 2 miliardi per anno, dovrà fissare il compenso per i componenti della Commissione e le spese per la gestione della stessa. Ulteriore rilevante funzione della Commissione, sarà l’individuazione delle specifiche competizioni ed attività sportive, per le quali occorrerà, considerate le precipue caratteristiche delle medesime, la verifica sanitaria da parte dei “laboratori per il controllo sanitario sull’attività sportiva”. Tali laboratori disporranno i controlli di merito sulla base di accordi stipulati con la Commissione e, per altro verso, necessiteranno di apposito accredito formale del CIO o di altro organismo internazionale competente. I costi per la gestione dei laboratori non potranno, d’altra parte, superare il tetto massimo di un miliardo di lire all’anno e comunque non potranno in nessun caso gravare sul S.S.N. né tanto meno sul Bilancio dello Stato. Le verifiche sul regolare funzionamento dei laboratori per il controllo sanitario sull’attività sportiva sono affidate direttamente all’ISS (Istituto Superire di Sanità). I criteri in base ai quali verranno poste in essere tali verifiche, saranno oggetto di ulteriore Decreto prodotto dal Ministero della Sanità, emanato entro 90gg. dall’entrata in vigore della L. n°376/2000, su parere espresso del Direttore dell’ISS.
Veniamo alle funzioni operative dei laboratori. Oltre ai controlli anti-doping per le competizioni e per le attività individuate dalla Commissione, i laboratori dovranno approntare programmi di ricerca sulle sostanze e sulle pratiche mediche utilizzabili a scopo di doping. Alcuni laboratori per così dire speciali, le cui particolari caratteristiche operative e strutturali saranno determinate con Decreto del Ministero della Sanità (entro 120 gg. dall’entrata in vigore della L. n°376/2000 e previo parere della Commissione), si occuperanno dei controlli su gare e su attività sportive “eccezionali”, ossia implicanti competenze ed esami particolarmente complessi o, comunque, non rientranti tra le pratiche consuete dei laboratori per il controllo sanitario sull’attività sportiva. Questi ultimi, inoltre, coadiuveranno la Commissione nella determinazione dei requisiti strutturali dei laboratori c.d. speciali. Dal proprio canto, il CONI viene spogliato della sorveglianza operata in precedenza sul laboratorio d’analisi attivo presso la propria sede. Per la precisione, ciò verrà in essere a partire dal 180° giorno successivo all’entrata in vigore della L. n°376/2000 o, comunque, dal giorno immediatamente successivo alla data di stipulazione degli accordi di gestione conclusi tra i laboratori e la Commissione. I laboratori c.d. speciali, attiveranno le proprie operazioni di controllo sotto l’egida delle Amministrazioni Regionali competenti. Queste ultime sono investite del compito gravoso di pianificare tutta l’attività di prevenzione e tutela della salute nelle attività sportive nell’ambito dei P.S.R. (Piani Sanitari Regionali). Inoltre, fruendo dell’apporto dei Dipartimenti di Prevenzione, le Regioni dovranno individuare gli specifici servizi idonei alla salvaguardia della salute nello sport. Un aspetto di particolare importanza concerne le disposizioni in virtù delle quali, le federazioni sportive, gli enti di promozione sportiva (pubblici e privati) e non meno le associazioni e le società di settore nonché lo stesso Comitato Olimpico Nazionale, hanno l’obbligo di conformare i propri Regolamenti di gestione, interni, alle norme di cui alla L. n°376/2000. Per questa via, la Legge in commento entra direttamente nell’ordinamento sportivo.
Le sanzioni disciplinari, irrogabili per uso di doping o per rifiuto di sottoporsi ai controlli per lo stesso, dovranno modellarsi alla Legge in esame. Il Legislatore ha pensato proprio a tutto: le federazioni sportive potranno irrogare eventuali sanzioni disciplinari per i casi di utilizzo di sostanze dopanti non giustificato da condizioni particolari di malattia, anche qualora tali pratiche “illecite” non rientrino tra le classi determinate dal Ministero della Sanità, purchè considerate dopanti nell’ambito dell’ordinamento internazionale. Le federazioni, gli enti di promozione sportiva e, su tutti, il CONI, dovranno curare la formazione e l’aggiornamento degli operatori sanitari, dei tecnici e non meno dei dirigenti sportivi e degli stessi atleti, per quanto concerne il problema doping e la risoluzione dello stesso. Su quest’onda, federazioni, enti, associazioni e CONI hanno il dovere inderogabile, ex Legge in analisi, di attivare ogni mezzo e struttura a loro accessibile per far rispettare dagli atleti, dai preparatori atletici, dagli allenatori e dai dirigenti sportivi, le norme di prevenzione della salute impresse nella L. n°376/2000. Gli atleti, dal canto loro, dovranno sottoscrivere l’adesione incondizionata ai Regolamenti così come riformulati in ottemperanza alla Legge in commento. Tecnicamente, produttori e distributori di farmaci con effetto doping, hanno l’obbligo di trasmettere al Ministro della Sanità, di anno in anno, lo screening completo, rispettivamente della mole prodotta e di quella distribuita, di tali farmaci, nonché delle singole strutture ospedaliere (od equiparate, purchè autorizzate) e delle farmacie a cui sono stati ceduti. Sull’astuccio dei farmaci contenenti sostanze dopanti oltre che nel foglietto illustrativo dovrà essere inserito uno specifico paragrafo concernente le precauzioni d’impiego del farmaco per gli sportivi. Inoltre, ad uso dei “più distratti”, sulla confezione degli stessi farmaci verrà applicato uno speciale “bollino”, il cui contenuto, forma, colore e quant’altro, sarà determinato dalla Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive. L’inosservanza delle descritte disposizioni comporterà, inevitabilmente, il mancato accoglimento della istanza di registrazione nazionale dei farmaci implicati, della eventuale domanda di variazione ovvero della necessaria revisione ogni lustro. Le preparazioni farmacologiche preparate estemporaneamente dal farmacista ovvero ottenute da sostanze naturali le quali contengano principi attivi o meri eccipienti (quindi quantità modiche) di sostanze dopanti, saranno prescrivibili solo dietro presentazione di ricetta medica. La ricetta non sarà ripetibile e, per di più, il farmacista sarà obbligato a conservare la ricetta, in originale, per ben 180 giorni! Le sanzioni penali, dal canto loro, sono particolarmente dure: verrà condannato alla reclusione da 3 mesi a 3 anni e con la multa da 5 a 100 milioni di lire non solo chi somministra, procura o favorisce l’utilizzo di sostanze dopanti il cui uso sia giustificato da stati di malattia ed allo scopo di alterare le prestazioni degli atleti o i risultati di controlli sull’utilizzo dei farmaci stessi, ma anche gli atleti medesimi. D’altro canto, la pena può essere aumentata qualora dal comportamento illecito derivi danno alla salute ovvero allorché la fattispecie criminosa sia posta in essere nei confronti di un minore ovvero concretata da un membro o da un dipendente del Comitato Olimpico Nazionale, di una federazione, di una società, di un’associazione o di un ente sportivi. In questo caso, verrà inflitta la pena accessoria dell’interdizione permanente dagli uffici direttivi e dalle cariche sociali, con la conseguenza che i soggetti coinvolti non potranno più ricoprire cariche od incarichi nell’ambito del CONI e/o delle società sportive e/o delle associazioni sportive e/o degli altri enti di settore. Per altro verso, nell’eventualità che il fatto illecito sia perpretato da un operatore sanitario, verrà irrogata, accanto alla sanzione principale, la pena accessoria dell’interdizione temporanea dall’esercizio della professione. I farmaci e le sostanze utilizzate per la commissione del reato (ovvero destinati a commetterlo), verranno confiscati dall’autorità competente. La pena sarà particolarmente severa anche per coloro che commerciano i farmaci e le sostanze dopanti utilizzando traffici altri rispetto alle farmacie ospedaliere, a quelle aperte al pubblico, ai dispensari e ad altre strutture di distribuzione legale. Costoro saranno condannati alla reclusione da 2 a ben 6 anni e ad una multa da 10 a 150 milioni di lire. Per quanto concerne i compensi per i componenti della Commissione ed il funzionamento della stessa (2 miliardi di lire all’anno), tutti i costi sono posti a carico del Comitato Olimpico Nazionale. Su quest’ultimo gravano anche gli oneri di gestione dei laboratori per il controllo sanitario sull’attività sportiva (1 miliardo di lire annuo): di tutti i laboratori, di quelli definiti “ordinari” quanto di quelli definiti “speciali”. L’ammontare complessivo delle spese dovrà essere versato dal CONI all’entrata del Bilancio dello Stato e rassegnato ad apposita unità previsionale di base dello Stato di Previsione del Ministero della Sanità, entro il 31 Marzo di ogni anno. Entro 60 gg. dall’entrata in vigore della L. n°376/2000, in sede di prima applicazione. Al Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, per finire, è espressamente conferita la possibilità di operare le necessarie variazioni di Bilancio. Se ciò si renderà urgente, saranno emanati specifici decreti di sorta da parte del Ministero medesimo.